Il discorso del Sindaco di Marineo in occasione della festa del 17 marzo


di Franco Ribaudo
MARINEO. Inizio ringraziando i dirigenti scolastici, gli insegnanti, i genitori e gli alunni delle scuole elementari, medie e superiori, gli scout, le associazioni, le autorità militari, la banda musicale e tutti i cittadini presenti oggi in questa piazza.
I giovani eroi del Risorgimento sono eroi romantici: Pellico, Mazzini, Cavour e altri ancora erano giovani. Molti di loro sono morti giovani. I Romantici credono, lottano e a volte muoiono per difendere i propri ideali. Il primo di questi valori è la libertà. Libertà è sinonimo di liberazione dall'oppressione dello straniero, è simbolo dell'unione, ed è espressione del desiderio individuale di riscatto. Se un Risorgimento è stato possibile e un'unità è stata raggiunta, lo si deve anzitutto alla libertà.
Ed è in nome della libertà, di valori alti , che tanti altri giovani affrontarono la resistenza, liberando il nostro paese dal nazismo, e portarono nel dopoguerra a stipulare un patto nuovo fra tutti i suoi figli, la Costituzione repubblicana. In quel patto è confluita tutta la nostra storia, con le sue lotte per la democrazia, per la giustizia, per l'unità della Patria. A testimonianza ed eredità del passato, a guida dello slancio verso il futuro.
Democrazia come comunione dei cittadini in uno Stato unitario. Democrazia come abolizione delle ingiustizie e dei privilegi. Democrazia come espressione di uno Stato unitario, che riconosce a ciascuno i propri diritti.
Il richiamo all'unità e indivisibilità della Repubblica (fatto dal Presidente della Repubblica) vale a segnare, tra i "Principi Fondamentali", quello di un invalicabile vincolo nazionale; e nello stesso tempo mette in evidenza come il riconoscimento e la promozione delle autonomie siano parte integrante di una visione nuova dell'unità della nazione e dello Stato italiano"
Sono passati centocinquant’anni ma, l’Italia è rimasta ancora, come disse Metternich, solo “un’espressione geografica”?
Ebbene, da quella data del 17 marzo del 1861 la sfida della classe dirigente è stata quella di portare a compimento il senso di appartenenza allo Stato Italiano dei sui cittadini.
Oggi possiamo dire che - nonostante la presenza sul territorio di diversi tipi di sensibilità e di culture regionali, che sono a mio avviso una ricchezza per il Paese - quasi tutte queste specificità si riconoscono oggi in un contenitore più ampio, che tutte le comprende, confermando che l'obiettivo dell'appartenenza è stato raggiunto.
In questo secolo e mezzo, con orgoglio possiamo affermare che gli italiani non sono stati secondi a nessuno, si sono distinti su tutte le attività della vita: nelle arti, nella scienza, nella letteratura, nella pittura, nella musica, nello sport, ma soprattutto nella solidarietà. Siamo riconosciuti all’estero come il popolo più generoso dell’Europa.
Ed è al popolo, al futuro del nostro popolo che vuole parlare la celebrazione di oggi. Significare la forza dell’idea di nazione proprio nell’era della globalizzazione e nella crescente importanza della dimensione territoriale. La nazione, la nazione unita, è il collante che permette ai territori di parlare col mondo. La bandiera italiana in questa piazza sta a significare tutto questo.
La Sicilia, in questo processo di unità "non fu teatro passivo". Oltre Giuseppe Garibaldi e alle sua spedizione, ed i siciliani Francesco Crispi, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, la Sicilia "si fece protagonista della fase risolutiva della lotta per l'Unità italiana". Garibaldi trovò, infatti, nel popolo siciliano la voglia di riscatto e di liberazione dai Borboni, e le celebrazioni dei 150anni "offrono l'occasione per mettere in luce gli apporti della Sicilia e del Mezzogiorno a una storia comune e a una comune cultura.
Siamo ben consapevoli da dove veniamo. Nel 1861 in Italia esistevano sei monete diverse, il 95% della popolazione era analfabeta, solo il 10% della popolazione aveva diritto al voto con esclusione delle donne, centinaia di dialetti locali erano le lingue ufficiali. Mentre al sud l’Economia agricola e feudale era praticata con sistemi di coltivazioni ancora medievali, al nord eravamo ai primi albori dell’avvio di un’industrializzazione che sarà trainante ed avrà il boom economico nel dopoguerra, divenendo l’Italia la settima potenza economica del mondo.
La storia di questi 150anni ci insegna che il Sud è stato da sempre terra di saccheggio, prima da parte dei Piemontesi con il Regno dei Savoia: è noto a tutti che i disavanzi di bilancio della nazione nascente alla fine del diciottesimo secolo sono stati coperti grazie alle ricche risorse accumulate dal regno borbonico delle Due Sicilie.
In seguito, nonostante la resistenza che ci portò la nostra Carta costituzionale, dove è previsto un assetto di stato in cui a tutti i cittadini del territorio sono riconosciuti gli stessi diritti, la nostra classe dirigente non è stata capace di avviare un vero piano di sviluppo per il sud.
La “questione meridionale” è rimasto il problema insoluto del nostro paese. Anzi con gli effetti della globalizzazione è oggi divenuta la questione mediterranea, e tutto ciò che sta avvenendo nei paesi del nord africa in questi giorni (Egitto, Tunisia, Libia ecc.) ne sono la prova.
Al grande consenso politico/elettorale raccolto nel sud dai partiti di governo non è stato corrisposto altrettanto impegno nell’affrontare le suddette ed annose questioni.
Vi sono, nel Paese, spinte e volontà secessioniste , ma come ha detto il nostro Presidente della Repubblica sarebbe un salto nel buio.
Chi prova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello Stato nazionale, attraverso secessioni o separazioni, falsi federalismi, ha detto il Presidente, coltiva un autentico salto nel buio". "In un mondo globalizzato è, più che mai necessaria la coesione degli stati nazionali europei entro un'Unione più fortemente integrata"
Serve ben altro che un federalismo fiscale ed egoistico: chi vuole questo vuole la separazione definitiva tra nord e sud, tra ricchi e poveri. Il governo nazionale sta commettendo questo errore. assecondando il disegno secessionista si alcune forze politiche del nord.
Ma federalismo significa altro: federare significa unire, mettersi insieme. E noi non abbiamo paura del federalismo istituzionale. Infatti con la legge costituzionale 3/2001 intervenuta sul titolo v della costituzione era stato avviato un processo verso il federalismo istituzionale. Quello fondato su principi di sussidiarietà, responsabilità e soprattutto di solidarietà, cioè quello che definisce costi standard dei servizi, che devono essere assicurati a tutti, ad ogni bambino, ad ogni scolaro su tutto il territorio nazionale, con pari opportunità per ogni cittadino.
Ma, da qualche tempo, si stanno delineando altre forme di conflitto nel paese, tra un’Italia largamente maggioritaria ma divisa che si riconosce però nel patto fondante della Repubblica (la carta costituzionale) e che anzi vorrebbe vederlo applicato, e una parte, sia pure minoritaria, che non crede ai valori della Costituzione, non li pratica e vorrebbe persino cancellarli. Sono ormai all’ordine del giorno i continui attacchi con ogni strumento (culturale, politico, economico) per distruggere le basi fondanti della carta costituzionale, :
Ne cito alcuni che si stanno dibattendo in questi giorni: prevalenza dell’interesse pubblico sul privato (art 41 ), separazione dei poteri (art 17), la laicità dello Stato. (Art. 2,3, 7).
Potrebbe essere proprio questa l'occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia per “determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del Paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre con l'obiettivo supremo di una rinnovata e più salda unità. Che è, stiamone certi, la sola garanzia per il nostro comune/futuro”.
Un’idea di Nazione, dunque, non chiusa ma aperta al mondo e fortemente integrata con l’Europa che oggi si ispira al primo e al secondo Risorgimento italiano, ci permette di superare simbolicamente la dimensione bellicista (di paese colonialista) in nome dell’impegno a continuare a promuovere i valori di democrazia e unità nazionale, solidarietà e pacifica convivenza tra i popoli e le Nazioni.
Siamo qui oggi per rendere onore a tutti quelli che anno voluto ed hanno combattuto per l’Italia unita; siamo qui oggi perche vogliamo bene la nostra Italia; siamo qui oggi perché abbiamo la migliore carta costituzionale del mondo e non vogliamo che venga smantellata; siamo qui oggi perché siamo fieri della nostra patria; siamo qui oggi a testimoniare il nostro impegno nella costruzione di un’Italia unita, e solidale; infine, siamo qui oggi in questa piazza come in tutte le piazze d’Italia, noi marinesi con le nostre peculiarità, con le nostre diversità per dire che siamo ORGOGLIOSI DI ESSERE MARINESI E ITALIANI, E VOGLIAMO UN’ITALIA UNITA IN EUROPA E NEL MONDO. VIVA L’ITALIA.