Al Castello Beccadelli il secondo simposio dei poeti di Marineo


di Nuccio Benanti
MARINEO. E' un fatto evidente che a Marineo la percentuale dei poeti in attività è incredibilmente più alta rispetto a quella di altre comunità.
E la questione suscita una immediata domanda antropologica: si tratta di un fatto naturale o culturale? Con buona pace dei romantici, i quali credono che poeti si possa geneticamente nascere, restiamo convinti che in realtà siano fattori ambientali, storici e di costume a consentire ad uomini e donne, di età, formazione culturale ed estrazione sociale diversa, una piena, o anche solo soddisfacente, espressione di passioni, desideri e sentimenti anche nei modi della musa poetica. Quando le occasioni lo permettono - come avviene per il secondo anno consecutivo in questo Simposio marinese -, poeti già noti nel panorama dei premi nazionali e poeti ancora in erba trovano nutrimento e forza per dare voce al proprio interiore sentimento, rivelandosi ricchi di pensieri da raccontare, ma anche abili dal punto di vista estetico.
Se volgiamo lo sguardo ai testi raccolti in questo volumetto, s'impone subito alla nostra attenzione la personalità straordinaria di numerosi autori già conosciuti al vasto pubblico, che notoriamente si distinguono per intensità di toni, pienezza di significati e leggiadria di immagini. Ma a questi se ne aggiungono altri meno noti, o addirittura sconosciuti anche in ambito locale, di cui scopriamo straordinari e nascosti segni di raffinato, dolcissimo lirismo.
Per il secondo anno consecutivo, dunque, ci congratuliamo con i numerosi poeti marinesi, che con grande senso di complicità ci consentono di dare continuità ad una iniziativa nuova, sperimentale, ancora alla ricerca di una propria collocazione, ma che riteniamo di straordinaria valenza cuturale per ammissione degli stessi autori. Una manifestazione, questa, che ci permette di tenere alto il nome di Marineo e il contributo dato dalla nostra città alla valorizzazione della poesia come manifestazione e strumento di maturazione civile e sociale.
Per quanto riguarda infine il vino (e i biscotti di San Martino), gli ellenici solevano dire: «I siciliani mangiano l'uva acerba» per puntualizzare che erano barbari. Ma nelle città ad influenza greca (e tra queste c’era anche la nostra Makella) le cose andavano diversamente. Infatti, era uso presso gli abitanti, in occasione di pubbliche manifestazioni, fare tre brindisi dedicati a tre distinte divinità, con il seguente ordine: la prima era la bevuta d'Allegria, la seconda la bevuta d'Amore e la terza era la bevuta di Confusione. Non so che fine abbiano fatto nel nostro paese i templi dedicati all'Allegria e alla Confusione, ma il bar d'Amore esiste ancora, ed è molto frequentato dai giovani e da qualche anziano.
Tra sacro e profano, a distanza di qualche migliaio di anni, ancora oggi gli abitanti di Marineo continuano a frequentare l’agorà e ad alzare la coppa per tramandare la tradizione: «Sutta 'na rocca lu mischinu, scarsu d'acqua e abbunnanti di vinu».