Occidente e oriente, cristiani e mori nella più classica delle battaglie


In un noto saggio intitolato De insula, Antonino Buttitta spiega che una diagonale costituita dalla dicotomia identità vs alterità attraversa a livello profondo l’orizzonte ideologico dell’uomo.
Per l’antropologo palermitano si tratta di una opposizione ambigua, poiché «i suoi poli sono infatti avvertiti e vissuti alternativamente e addirittura parallelamente tanto con valenze positive quanto negative». Così, una terra lontana come l’Oriente può apparirci: ora come il luogo della luce nascente, della Via della seta e della cometa, terra di residenza dei Magi; ora come la dimensione dell’ignoto, dei mostri, il posto abitato da popolazioni che mangiano i bambini, dove avvengono cose strane, appunto, cose turche.
Allieva di Buttitta, Gabriella D’Agostino, in Da vicino e da lontano. Uomini e cose di Sicilia (Sellerio), si occupa di una tematica presente in tanti aspetti della cultura europea e collocata all’interno di questa più generale dicotomia: lo scontro tra il bianco e il nero. Quella combattuta da Mori e Cristiani è la più classica delle battaglie, che affonda le sue radici nel più antico degli incontri-scontri di civiltà e che vede, faccia a faccia, occidentali e orientali, grecoromani e barbari, uomini e cavalli bianchi e neri, fedeli e infedeli, paladini di giustizia e ganidimagonza.

L’analisi di D’Agostino ricostruisce la pluralità di aspetti socioantropologici che contraddistinguono questo singolare scontro combattuto in una terra di confine, nonché isola (dunque luogo di scontro e ambiguo, nel tempo stesso) come la Sicilia. Si tratta di una battaglia totalizzante, quindi politica, ideologica, religiosa, che non risparmia neppure la Madonna delle Milizie, rappresentata con armi, vessilli e con un cavallo bianco.
Un dubbio insinuante che ci fa credere che alla radice dello scontro tra civiltà vi possa essere anche qualcosa di religioso. Qualcosa che pretende di “consacrare” l’inferiorità degli altri e la loro esclusione. Qualcosa che pretende di tenere lontano dal “campanile” i diversi. Probabilmente, chi è intollerante, in fondo in fondo, è anche un integralista religioso.
Una guerra, dicevamo, iniziata dagli occidentali senza esclusione di colpi, molto tempo prima dell’invenzione dei bombardieri dotati di bombe intelligenti. Ma portata avanti con altrettanto ingegno, a colpi di spada sui velieri in mare, nei deserti e nelle assolate campagne, nei teatrini dell’opera dei pupi e sulle sponde dei carretti siciliani, nelle piazze in festa e perfino nelle processioni.
Memori del fatto che può ucciderne più la lingua della spada, un dubbio ci assale: si tratterà o no della spada siciliana di Damocle?