
di Nuccio Benanti
MARINEO. La nciuria: non c’è nulla di più effimero e fuggitivo; non esiste tuttavia nulla di più duraturo e vivo, in quanto deposito collettivo di esperienze umane.

Anche la nciuria nostrana, in quanto segno, è strumento di cui l’umanità che popola piazze, vie, vicoli e curtigghi del nostro paese si serve per riconoscere il contesto che la circonda, creando un universo parallelo, una rete di significati, che include marinisi e stranii, gente affidabile e gente inaffidabile, burgisi viddanni comunisti nobili e gente basso o altolocata. Una ragnatela, per dirla con Geertz, in cui si vive imprigionati senza poterne più uscire.
Per Buttitta l’identità è ciò che siamo, ma è anche come ci rappresentiamo; è anche come gli altri ci rappresentano; e infine la nostra identità è tutto quello che vorremmo essere e non siamo. Pirandello, in una estrema sintesi, direbbe che ognuno di noi è contemporaneamente: Uno, Nessuno, Centomila. Ora, se si riflette: quello che pensiamo di noi e quello che noi pensiamo degli altri, sono ambedue rappresentazioni convenzionali, che tuttavia non corrispondono mai ad una verità storica. Lévi-Strauss sostiene, infatti, che l’identità è una sorta di focolare cui è indispensabile riferirci per spiegare un certo numero di cose, ma senza che tale focolare abbia mai una esistenza e una consistenza reale.
Tutto ciò lo ha sperimentato per primo il gigante Polifemo che, ingannato dall’identità di Ulisse, dice di essere stato accecato da Nessuno. L’oralità non distingue la N maiuscola dalla n minuscola. Così nessuno, con la minuscola, dei giganti accorre in soccorso del ciclope. L’inganno, attraverso l’uso improprio dell’identità, è la prova schiacciante che il noto episodio dell’Odissea non può essere stato ambientato in Sicilia e, di conseguenza, che la nostra Rocca non può essere la Tomba di Polifemo, semmai è la Tomba di nessuno.
Infatti, se con il linguaggio e con intenzioni conoscitive tipicamente sicule ‘u zu Polifemo avesse chiesto al furbetto: «A cu apparteni?», Ulisse sarebbe stato messo con le spalle al muro e costretto a declinare con una sola parola (supponiamo a «nuddu») tutto ciò che socialmente e culturalmente avrebbe potuto configurare la sua estroversa personalità, inclusi famiglia di origine, status sociale e luogo di provenienza.