Le attività di Marineo Solidale. Un viaggio… tanti progetti


di Nella Vilardi
MARINEO. Siamo tornati da qualche settimana reduci della seconda esperienza in Burkina Faso.
Cosa raccontare! Appena arrivati , alle legittime domande di amici e parenti, non sapevamo cosa rispondere per paura di svilire ciò che ci eravamo portati dentro. La paura è che le parole dette o scritte non passino attraverso il cuore e la testa di chi ascolta. Ogni esperienza infatti ha un carico di emozioni, di sentimenti, di ricordi, di propositi, di progetti scaturiti da ciò che si è visto con gli occhi, respirato con i polmoni, dalle persone incontrate. Proveremo a comunicare alcuni di questi sentimenti provati. Conoscevamo già l’ambiente per esserci già stati nel 2007, le persone che ci hanno ospitato o con cui abbiamo collaborato per la realizzazione dei micro progetti finanziati da Marineo Solidale, ma le sorprese non sono mancate.
Una maggiore vicinanza alla realtà di strada della capitale e dei paesi e villaggi dove siamo stati mi porta a sfatare un pregiudizio, che cioè gli africani non siano grandi lavoratori, ma anzi una massa di sfatigati. Quello che abbiamo visto è una realtà diversa, alcune foto che abbiamo scattato lo confermano: tutti lavorano per guadagnarsi da vivere, uomini, donne, e i bambini, tanti ragazzi. Ognuno ha da vendere qualcosa, delle noccioline, tre pomodori, un casco di banane, delle micro porzioni di cibo: è il loro modo di combattere il rincaro dei prezzi e far quadrare le scarse risorse finanziarie guadagnate giorno per giorno dalle famiglie. Mediamente le famiglie guadagnano circa un euro al giorno. Solo un’ anziana ci ha chiesto l’elemosina (Pour manger! per mangiare, appunto. Gli altri no. Vanno, vengono, ciascuno intento nelle sue piccole faccende nella speranza di raccattare (ramasser) i soldi per un piatto di riso o di polenta da consumare nelle famiglie ancora troppo numerose. Già dal nostro arrivo abbiamo incontrato il gruppo delle donne disabili (alcune di Donsè) che hanno iniziato il corso di cucito finanziato dall’associazione Marineo Solidale. Il corso si è tenuto a Ouaga dalla Giuliana, vicino l’ospedale san Camillo. Giuliana è il nostro gancio nella capitale Ouagoudoguou, nella stessa casa dove noi stessi eravamo ospiti. Erano molto timide le ragazze disabili, quasi impaurite: non erano mai venute in città, non avevano mai visto tanto traffico e tante cose straordinarie, abituate al ritmo lento e isolato del loro villaggio immerso nella brousse. In queste donne giorno per giorno abbiamo visto crescere l’interesse per imparare un lavoro nuovo, e, per ogni novità, abbiamo visto i loro occhi acquistare luce, meraviglia, la gioia di affacciarsi dal terrazzo del primo piano e ammirare ciò che c’era intorno (le capanne e le case sono tutte a piano terra, e a sei metri sembra di essere su un grattacielo) partecipare al concerto di un cantante famoso in Burkina un tale Floby, mangiare con piacere e sorpresa la torta di ananas che abbiamo preparato per loro, la pizza apparsa squisita nonostante la penuria di condimenti. Le abbiamo viste il penultimo giorno a farsi le acconciature ai capelli per tornare più belle al villaggio, come rinnovate. La loro gioia ha raggiunto il culmine quando l’ultimo giorno hanno caricato sulla moto o sul furgoncino che li riportava a casa le attrezzature che abbiamo comprato all’interno del Corso, compreso la panchetta per sedersi (sono poliomielitici), il tavolino anatomico su cui tagliare le stoffe (realizzato appositamente dal falegname su misura) i vestiti realizzati durante il corso con le stoffe che abbiamo fornito, ma soprattutto una macchina da cucire insieme ai modelli realizzati dal sarto Moussa, Una attrezzatura tutta per loro insomma per continuare la loro attività una volta tornati a casa. Un giorno siamo stati a Donsè a visitare il gruppo dei disabili maschi cui abbiamo dedicato nel 2009 un corso per la costruzione di secchi. Oggi portano avanti con difficoltà la loro attività perché proprio dove c’è il loro laboratorio sarà costruito il nuovo aeroporto della città di Ougouagadoguou, fatto che li ha parecchio sconcertati e disorientati sul loro destino. Vorrebbero realizzato un corso di francese, fatto che potrebbe offrire loro una chance nei servizi che nel prossimo futuro la nuova mega struttura dovrà erogare. Il viaggio in Burkina è stato anche dettato dalla necessità di verificare la buona riuscita dei nostri aiuti in denaro ad alcune realtà quali la Caritas di Dori. Dori è un grosso villaggio ai margini del Sahara. A tre km già vi sono le prime dune di sabbia che anno dopo anno rosicchia spazio alla già magra agricoltura e allevamento di cui vivono nella zona. Ma è stata stupefacente la visita all’Ocades (Caritas) di Dorì dove l’associazione Marineo Solidale ha finanziato l’ arredo (Lettino e armadio) e banchi per le ragazze frequentanti la scuola che provenendo da villaggi molto lontani e che sono costrette a pernottare a Dori . Ciò che ai nostri occhi è stato stupefacente è di constatare come l’Ocades , voluta dal Vescovo insediatosi in diocesi nel 2005, e diretta da padre Bertand in pochi anni, è riuscita a realizzare grazie all’aiuto di diverse associazioni di volontariato tante cose. Ha costruito anche una sede dove lavorano circa dieci persone, dedite all’aiuto soprattutto dei ragazzi per favorirne la scolarizzazione. L’Ocades si avvale di tecnici della progettazione che consente loro di partecipare ai bandi anche internazionali per reperire risorse per lo sviluppo; formano degli esperti in agricoltura che mandano nei villaggi ad istruire i contadini regalando loro un kit di attrezzi agricoli, nonché realizzare dei pozzi per l’acqua per consentire l’irrigazione di spezzoni di terreno per contrastare l’avanzata del deserto e per dare una prospettive di reddito a migliaia di famiglie. Hanno costruito una scuola elementare e media, cui abbiamo destinato parte delle nostre risorse; hanno in corso la costruzione di una scuola materna che stiamo sostenendo con un primo finanziamento per acquistare l’arredo. E’ fondamentale la scolarizzazione ancora più in Burkina dove metà della popolazione ha meno di 20 anni. Ancora troppi minori non vanno a scuola o perché non ve ne sono ancora abbastanza di strutture scolastiche o perchè sono intenti nelle piccole attività di aiuto alla famiglia per racimolare qualche franco CFA per garantirsi l’unico pasto al giorno che a stento e non sempre riescono a procurarsi. Li a Dori abbiamo verificato che il finanziamento di Marineo Solidale per l’arredo del il foyer per circa 42 ragazze frequentanti la scuola media e superiore è una bella realtà. Ci diceva Bertand: noi cerchiamo di formare persone che sappiano essere protagonisti del loro e altrui sviluppo, facendo leva sulle diverse competenze e risorse locali. E questo senza pregiudizi di sorta. Hanno costituito una ONG coinvolgendo cristiani e musulmani. Un esempio di come sulle cose da fare si può trovare la sinergie nella compresenza delle rispettive fedi. Altro che scontro di civiltà. Là sperimentano come si può costruire un futuro per tutti in pace. Ouaga è una grande città, dove è stato possibile fare incontri con realtà che ci hanno cambiato il percorso del tempo e delle cose da fare, pur segnato in anticipo dallo scarso tempo a disposizione per la brevità, meno di due settimane, della nostra permanenza in Bukina. Una scrittrice, conosciuta in Italia,Reine Josiane Toè, ci ha pregato di portare i saluti alla sua vecchia mamma, moglie di un diplomatico burkinabè e nipote di un ex ministro del governo pre Sankara. Proprio la signora Toè, una amabile signora che vive con dignità la nuova povertà per la decadenza della famiglia dovuta al mutare repentino del Governo Burkinabè, avendo conosciuto l’attività che andiamo svolgendo in favore dei disabili, il marito lo era stato negli ultimi anni, ci ha messo in contatto con Marie Cecile che vive a Toma a 200Km da Ouagadoguou. Essa è venuta a trovarci per raccontarci che gestisce un centro di riabilitazione per disabili della sua Diocesi (lei è suora di un ordine locale), a cui mancano quasi tutto essendo le attrezzature in dotazione ormai obsolete dato che non riceve aiuto da nessuno. Incontri pieni di umanità, di speranze riposte nella generosità di chi vive nell’abbondanza dato che lo Stato, poverissimo (il Burkina è agli ultimi posti nella classifica dei paesi più poveri al mondo) non da nessun aiuto. Ci siamo lasciati riproponendoci di sentirci, di non perderci di vista, di tenerci in contatto, dicendo che avremmo parlato del loro problema in associazione, con gli amici, che tenteremo di fare qualcosa, perché di fronte a queste situazioni non si può stare inerti. E come restare indifferenti di fronte a certe realtà che se sono terribili a raccontarsi lo sono di più a essere ricordate per avere lacerato gli schemi che abbiamo costruito nella nostra mente. Tutt’altra cosa ancora è starci anche solo un’ora accanto. L’incontro che ci ha destabilizzati completamente è quello con frate Vincenzo, un Camilliano di origine napoletana che da quarant’anni vive in Burkina occupandosi degli ultimi tra gli ultimi: i Lebbrosi, malati di AIDS, anziane abbandonate e cacciate dai villaggi (perché ritenute streghe). Per il suo modo di vivere e per le attività che svolge è stato definito il “Camorrista di DIO”. Aiutato da circa venti ragazzi dai sedici ai venticinque anni e da due signore, due volte la settimana si reca nel lebbrosario a curare le piaghe dei lebbrosi, a portare cibo e quant’altro necessita per dare ristoro e conforto alla loro vita (ad alcuni infatti ha comprato la bicicletta, ad altri il motorino per consentire loro di raggiungere il lebbrosario). In quel lebbrosario abbiamo tentato timidamente di fare esperienza della durezza della vita per centinaia di persone, aiutando il frate e i volontari nella pulizia e medicazioni delle piaghe infette e purulente o nella distribuzione di qualche ciotola di mais a chi la malattia invalidante non consente più di essere autosufficiente e senza il quale la morte sarebbe dietro l’angolo. Vincenzo ha intrapreso il grosso progetto di dare una casa ad ogni famiglia dei lebbrosi, così da avere un tetto dove ripararsi: povere casette di tre metri per quattro sotto un tetto di lamiera, giusto per contenere le povere cose di cui dispongono e ripararsi dalla pioggia. Ne ha già costruite più di trenta, ma altre ne necessitano. Il costo complessivo di una casa è di €1.500,00. I lebbrosi necessitano di tutto per vivere come necessitano di medicine per la cura, garze per la medicazione. Abbiamo lasciato una offerta per iniziare a costruire una nuova casa, il resto lo manderemo a breve consapevoli che come dice fra Vincenzo, noi doniamo qualche cosa di materiale, loro ci danno l’opportunità di sperimentare nel concreto la solidarietà e l’amore che Gesù ci ha testimoniato e invitato a praticare. Come si fa a passare oltre facendo finta di nulla?
* Presidente di Marineo Solidale ONLUS