Una vita nel secolo breve: in un libro le rivelazioni di Totò Randazzo


Sfogliando le pagine dell’ultima fatica di Totò Randazzo, non si può far a meno di riflettere su quanto siano limitate le categorie letterarie nello stigmatizzare i generi e gli stili. Nel contesto delle altre arti, ad esempio nella musica o nelle arti figurative, disponiamo di infinite specificazioni critiche per inquadrare l’opera di un qualsivoglia artista. Per la letteratura, invece, la possibilità di ricorrere a tanta varietà di generi o categorie viene ancora negata.
Il preambolo tecnico è indispensabile per introdurre l’originalità stilistica e di contenuti di questa opera. Catalogarla riduttivamente come autobiografia non renderebbe merito ad un monumentale amalgama di informazioni storiche che scandiscono le stagioni della vita dell’autore e vengono a tracciare indelebilmente il suo carattere e le sue scelte. Nel contempo parlare di una cronaca di eventi mortificherebbe le vicende personali dell’autore. Una vita, a suo modo, avventurosa, direbbe, chi lo conosce bene, picaresca, segnata da tante vicende, anche dolorose, da tanti errori che non vengono affatto taciuti; anzi il lettore raccoglierà confessioni molto intime che nell’età grigia vengono riesumate con sforzo liberatorio ed affidate, nero su bianco, alla posterità. C’è spazio per ogni sorta di confidenza.
Dall’amore per le donne, mai taciuto e tanto manifestato, di cui è emblema un’affermazione della povera madre che lo rimprovera “è possibile che ad ogni tuo fidanzamento deve succedere una tragedia?”, fino a giungere alle frequenti scappatelle segno inequivocabile di un grande amore per la vita e per la bellezza proprio di ogni vero artista che non nasconde, nun cummogghia, ma si apre benevolo al giudizio degli altri. I lunghi racconti dei numerosissimi viaggi svelano anche un’anima di avventuriero d’altri tempi dove la visita a luoghi e genti nuove è occasione di apertura, di sete di conoscenza, di confronto. Una curiosità morbosa che gli impedisce di stare fermo che lo spinge a provare il nuovo, come accade nei tanti lavori intrapresi, nelle amicizie d’affari, di piacere o d’arte. Non ci si illuda di intravedere nella sua esperienza di vita un nomade senza terra o patria, perché nel bel mezzo di ogni viaggio e di ogni avventura il pensiero torna alla propria famiglia ed alla propria terra a cui è molto legato e sopra di ogni altra cosa alla moglie oggetto di venerazione e icona di pazienza e tolleranza.
Nel racconto trovano spazio anche i momenti bui, i lutti e le vicende tristi. E’ lo spazio dedicato all’introspezione, sono i momenti in cui Randazzo si sofferma a far riaffiorare quella che potrebbe considerarsi la sua poetica, si legga ad esempio la vicenda della sua detenzione.
Se volessimo trovare una costante comune alle tante pagine della fatica letteraria di Totò Randazzo possiamo fare riferimento al suo grande amore per la vita, una vita vissuta al massimo delle sue possibilità, sfidando le visioni bigotte e limitate dei paesani, trovando sempre uno stimolo per andare avanti, il coraggio di girare pagina, mettere un punto e riprendere da capo con nuove energie e nuovi orizzonti. E’ la capacità di sapersi prestare anche alle illusioni che, per quanto improbabili o davvero irrealizzabili, con una buona dose di ottimismo di trasformano in realtà. E’ il tripudio di un ottimismo sfrenato che alle occasioni della vita risponde sempre di sì, che non rifiuta mai una nuova opportunità come quando giovane parte per Milano alla ricerca di un futuro nel firmamento della notorietà.
Nell’era di Internet se volessimo forzatamente ricollegare questo testo ad uno stile o ad un genere ritengo assai verosimile parlare di un blog una sorta di diario allargato a tutto ciò che interagisce con la storia dell’individuo.
Indimenticabili amicizie, prima fra tutte quello con il poeta Ignazio Buttitta, influenzano un’altra finalità di questo lavoro. Mi riferisco all’alto valore di testimonianza su fatti e misfatti di decenni di terrore mafioso che riguardano Marineo e il territorio circostante.
Ancora oggi, di certe truci vicende che hanno insanguinato le nostre strade, non è facile neanche sussurrare nella penombra discreta di una veranda nell’estivo meriggio. Totò Randazzo, invece, scrive nero su bianco di quelle scabrose storie, con ricchezza di particolari quasi come testimone oculare. Tra le righe dei suoi ricordi, quasi come in un film, rimbombano i colpi di lupara, scorrono rivoli di sangue sul selciato, squarciano il silenzio attonito le grida e le cantilene delle donne nel nero lutto di sempre. Ciò che sorprende, più di ogni altra cosa, è che tutto ciò non è finction. E’ proprio vero che la realtà, a volte, supera la stessa inventiva letteraria.
In un ambiente chiuso, provinciale, quando ancora per strada si incontrano i figli ed i nipoti dei protagonisti di quegli anni di piombo e di sangue, la testimonianza scritta di Randazzo su quelle vicende assume un’importanza fondamentale, di grande coraggio e civiltà. Occorre sempre più fare tesoro della storia locale, degli equilibri e dei giochi di forza di quei microcosmi rappresentati dai paesi della nostra Sicilia, per comprendere i giochi e gli equilibri più grandi. Squarciare le tenebre dell’omertà, descrivendo questi fatti è già costato tanto al nostro autore ma il servizio reso alla comunità ed alla verità ancora non è ben compreso da tutti. Tra un paio di decenni, venendo a mancare i testimoni di queste vicende un’intera epoca sarà affidata all’oblio: appare evidente dunque il valore civico di questa testimonianza. Randazzo, tra l’altro, narra di questi fatti con l’occhio del cineasta, lasciando al lettore di tracciare un giudizio.
Egli stesso durante la sua vita si è sovente misurato con gli uomini d’onore contrastando spesso le loro soverchierie, incalzandoli quando riteneva di essere dalla parte della ragione e dalle pagine di questo libro si intuisce anche il modo forse più ovvio di affrontarli con un evidente distacco e con una buona dose di lucido umorismo.
Un discorso a parte merita la tecnica narrativa e linguistica. Uno dei vanti dell’autore è quello di possedere un titolo di studio di tutto rispetto: quinta elementare!
Il libro rappresenta esso stesso una VITA, la VITA di Totò Randazzo, e pertanto è stato scritto da lui con il linguaggio pulito e semplice dell’uomo della strada, perché è destinato ad uomini della strada. Alla gente che sconosce i linguaggi forbiti o ineccepibili che il più delle volte mortificano la fruibilità delle opere letterarie.
Non possiamo che ringraziare l’autore per avere lavorato tanti anni alla stesura di questo testo, perché grazie alla sua testimonianza veniamo rincuorati di una consapevolezza che pochi hanno fatto propria: LA STORIA SIAMO NOI.
Nino Di Sclafani