Capodanno alternativo nel convento di Marineo, una ricetta di felicità


di Walter Bonanno *
Prologo: Don Luca sembra un professore di biologia del Liceo. E’ simpatico e sta condividendo con noi le emozioni di una giornata di lavoro e di gioia.
Ci dice che aver fatto servizio di carità oggi non serve a nulla se non è l’inizio di una vita nuova, in cui lo spazio per gli altri non è più confinato soltanto all’ultimo dell’anno. Che Don Luca è un francescano l’avrà capito anche quel cane nero, Nerone, che gli si mette accanto e senza disturbarlo gli tende la zampa. C’è un bel caldo sulla spiaggia di Mondello. Sto bene. Dal cielo cade gente col paracadute. E io sto bene. Il capodanno alternativo organizzato presso il convento di Santa Maria della Dayna a Marineo dai ragazzi del M.G.F. Sicilia (Movimento Giovanile Francescano) non è né migliore né peggiore degli altri. E’ diverso. Da tutti gli angoli della nostra isola si sono radunati col sorriso sulle labbra e le chitarre a tracolla come tanti hippie. Sono ragazzi, nessuno supera i 30 e tutti sembrano divertirsi come dei matti. Il loro programma farebbe annoiare solo a pensarci tutti coloro che per la loro notte di San Silvestro immaginano discoteche e pub e divi della tv a contare da 10 fino a 1, e inizialmente faceva annoiare anche me. Preghiera e carità sono entità che oggi ci sembrano difficili da capire come pagine di filosofia Kantiana e stentiamo a trovare un posto per loro nell’impegnatissimo organiser che regola le nostre vite, ma averci provato ed essere stato presente è stata una fortuna grandissima per me come per tutti gli altri.
Il capodanno alternativo dura dal 28 dicembre fino alla mattina del primo giorno dell’anno. Non prevede solo canti gregoriani in stile “Il nome della rosa” e preghiere ma, oltre a quelle, servizi di solidarietà e momenti di condivisione e riflessione sulle esperienze vissute. Un giorno un frate spiega per bene il perché delle guerre civili in Congo, dove i civili si scannano per avere il controllo delle miniere da cui si estraggono i minerali che servono a noi civilizzati occidentali per far funzionare i nostri cellulari; il giorno dopo ci si dedica all’intrattenimento e all’accoglienza di un gruppo di piccoli immigrati africani ospitati di solito presso i centri di accoglienza gestiti da organizzazioni umanitarie a Palermo.
Giorno 31, l’ultimo del’anno, mi unisco al gruppo composto da una quarantina di ragazzi che si è spostato a San Lorenzo, Palermo Nord. Non ci sono mai stato e pensandoci bene mi accorgo che, come i turisti che salgono nella mia Corleone, anch’io lo conosco solo per quella cosa lì. Siamo in una casa di cura per anziani intitolata a Suor Rosa Maio. Oggi contribuiremo per un giorno al lavoro che amorevoli suore fanno per i restanti 364: lavare, stirare, pulire le stanze, imboccare chi non vuole più saperne di mangiare da solo, raccogliere i mandarini dal giardino, far fare due risate ai quasi 80 ospiti del centro, oppure pulire i vetri di una verandina che da sul cortile interno. Ecco io, insieme ad un ragazzo di Catenanuova che mi sveglia dalle ore piccole della festa in discoteca della sera precedente e ad un tizio di Enna metodico e preciso, pulisco i vetri, il che non ha niente di eroico, penso, niente che poi possa raccontare in paese mentre gioco la mano decisiva del mio Texas Hold’em vantandomi con gli amici di aver donato al prossimo. L’ho capito dopo che mi sbagliavo; dopo, quando seduto su una panchina prendo fiato e una signora di 82 anni da un mio sorriso di circostanza deduce che può raccontarmi delle sue operazioni al fegato («a Caltagirone per carità, che qui a Palermo su tutti carnizzera»), di come passa le sue giornate e anche dei suoi figli che non la vengono a trovare e che chissà oggi, l’ultimo dell’anno, dove sono. A me non dovrebbe fregare nulla di ciò che dice eppure nei suoi occhi trovo la mia ricompensa; non ho dato soldi, né regali, l’ho soltanto ascoltata e alla fine mi ritrovo a convenire che effettivamente quello di Caltagirone è un signor ospedale. Io a Caltagirone non ci sono mai stato, so solo che c’è una scala lunga e bella e forse l’ha capito anche la vecchina; ma sorride, mi ringrazia di non so che cosa dopodiché, con un filo di voce, mi dice che adesso va a riposarsi. Mi sento felice di averle teso la mano, di aver costituito un momento diverso nelle sue giornate fatte tutte uguali senza che qualcuno dei suoi familiari venga a prendersela per farle fare un giro in Via Principe di Belmonte a prendere un gelato alla zuppa inglese da Spinnato. Adesso riguardo i vetri che ho finito di strofinare e mi sembrano splendenti come gli occhi di una nonna. Sto bene.
La sera ci ritroviamo in convento per il nostro cenone, poco –one ma che, tra sfinciunedda e panini con le panelle, cassate e arancini (con la “i” che c’è una predominanza di arcigni catanesi!) preparati da splendide signore di buon cuore, non mi fa rimpiangere altri piatti più succulenti. Brindiamo alle 11 e con un ora prima sul resto d’Italia, sintonizzati sul fuso orario dei Tessalonicesi in Grecia, ci godiamo i nostri fuochi d’artificio e i nostri auguri di un buon 2010. La gente del quartiere subito sotto al convento avrà pensato a qualche fiammifero scappato troppo presto, ma più tardi di tempo non ne avremmo avuto. Infatti lasceremo l’anno vecchio ed entreremo nel nuovo ascoltando la messa nella piccola chiesa del Convento al riparo da un vento che nel frattempo s’è fatto gelido. Anche qui si farà mattina restando in adorazione a Gesù Sacramentato. E’ tempo che ognuno ricarichi la propria anima per un tempo indeterminato, al buio di una chiesetta illuminata da una luce di un altro mondo. Molto più forte delle normali lampadine e più forte anche dei fari delle macchine dirette alle discoteche.
Il capodanno alternativo organizzato presso il convento di Santa Maria della Dayna a Marineo dai ragazzi del M.G.F. Sicilia non è né migliore né peggiore degli altri. E’ diverso.
Epilogo: la mattina dopo ho gli occhi stanchi. Le ore di sonno non sono state molte ma devo tornare a salutare i ragazzi e le ragazze forestiere rimaste nelle cellette dei frati Minori conventuali di Marineo. «Rimaniamo per la prossima…ci vediamo su Facebook!». Un ragazzo catanese che studia economia mi abbraccia e mi batte il pugno sulle spalle come quando l’amico di una vita parte dalla stazione di Palermo per andare al Nord. Eppure non l’avevo mai visto prima di questi giorni e magari neanche lo vedrò più. Mi fa stare bene tutto questo. Sono ragazzi normali, né migliori né peggiori degli altri, questi del Capodanno Alternativo. Sono tornati ognuno a casa propria e si sentivano tutti tanto felici di aver lavato i vetri. Tanto tanto felici.