Stati Uniti, una riflessione sulle elezioni di medio termine del 2 novembre


di Ciro Guastella
NEW YORK – Mancano pochi giorni alle elezioni di medio termine del mandato del Presidente degli Stati Uniti (2 novembre), che inevitabilmente sono un referendum sul periodo di governo.
La brutta notizia per i Democratici è che per il Presidente Obama la possibilità di essere rieletto è al 38%, esattamente uguale a quella di Bill Clinton, nell’ottobre del 1994, alla vigilia delle elezioni che diedero ai Repubblicani il controllo del Congresso per la prima volta in 40 anni.
Ma lo stesso sondaggio indica che il 65% sceglie Obama favorevolmente “come persona”. La crisi Democratica odierna non riguarda l’uomo – quello che si dice di essere la mancanza di compassione, o l’abilità di esprimere emozioni ecc. che richiedono azioni attraverso incontri per il contatto diretto, gomito a gomito con la gente comune – ma riguarda la sua linea politica.
Il problema con la sua linea politica è doppia: ideologia ed efficacia.

Primo, Obama incoraggiato dai Democratici Nancy Pelosi, speaker of the House e Harry Reid Senate majority leader, ha cercato di portare la nazione basata sul centro-destra verso la sinistra. Ma ha grossolanamente calcolato il risultato delle elezioni del 2008. Il mandato richiedeva di migliorare la situazione economica e ristabilire la fiducia degli Americani. Obama invece ha intravisto il suo mandato come l’autorizzazione per cambiare il contratto sociale degli Americani, attraverso uno simile al tipo social-democratico di stampo Europeo, per così estendere fondamentalmente il potere governativo per il controllo dell’assistenza sanitaria, dell’energia, dell’educazione, le finanze e le regole industriali.
Obama ha ottenuto l’approvazione dell’assistenza sanitaria. Purtroppo per i Democratici, questo traguardo e l’altro da lui firmato, “stimulus”, o incentivo finanziario, non sono stati quelli che la popolazione aveva richiesto. Quello che avevano chiesto era il risanamento dell’economia.
Qui i Democratici non hanno superato il semplice esame per efficacia. L’economia è estremamente debole, la disoccupazione inaccettabilmente alta e la conseguenza dello “stimulus” è vicina ad un trilione di dollari aggiunto tutto di un colpo al debito nazionale.
Inoltre, a queste lacune ideologiche che denotano l’inefficacia economica, i Democratici in queste ultime settimane hanno provveduto ad aggiungerne un terzo: incompetenza.
Per la prima volta da quando il bilancio fu introdotto con il Budget Act of 1974, il Congresso ha perfino mancato di abbozzare un bilancio.
Questo è un anno di deficits straordinari, crescita incerta e nervosismo nei mercati di borsa. Il prezzo dell’oro è arrivato alle stelle. La fiducia verso il dollaro e sull’economia diminuisce – principalmente per il debito massiccio che pesa sulla nazione. Tuttavia nessun bilancio è emerso dal Congresso che dia una guida, o magari che riassicuri, circa il futuro degli introiti ed uscite degli Stati Uniti.
Intanto, da alcuni sondaggi riconosciuti attendibili guidati recentemente da Scott Rasmussen, si prevede che i Repubblicani dovrebbero ottenere 55 seggi per il Congresso nelle elezioni del 2 novembre prossimo - in eccesso dei 39 necessari per ottenere una maggioranza Republicana sin dal 2006.
Lo stesso sondaggio indica che in seno al Senato 48 seggi dovrebbero andare ai Republicani e 47 seggi ai Democratici, mentre gli altri 5 seggi sono in bilico e potrebbero andare ad un lato o l’altro. Quindi rimane incerto chi avrà il controllo della maggioranza nel Senato.
Sono molto seguiti i dibattiti fra i candidati che trattano i temi principali che sono: uno-l’economia, due-l’economia e tre-l’economia.
Il publico, sempre secondo il sondaggio, sostiene pienamente ogni tentativo diretto a ridurre le spese, le tasse ed il deficit.