Forconi in marcia, dalle trazzere di Marineo alle copertine di Panorama


di Nino Di Sclafani
MARINEO. Le ultime tre settimane lasceranno un segno indelebile nella memoria collettiva dei siciliani. Tutto è iniziato con un avviso di mobilitazione, con numerosi proclami di adesione, con il solito panegirico di insostenibilità da parte di agricoltori, allevatori, trasportatori etc etc.
Nessuno poteva però immaginare che stavolta si faceva sul serio e che tra "Forza d'urto" e "forconi", l'isola sarebbe rimasta immobilizzata per giorni e giorni. Così come avvenne molti anni fa in difesa dell'abusivismo edilizio i marinesi hanno svolto un ruolo di leadership nella sommossa. Vedere Franco Calderone che domina la copertina di Panorama ed è protagonista di un servizio sul Settimanale di RaiTre, scoprire tra le pagine patinate del suddetto settimanale la bella trasposizione di "gotico americano" reinterpretata tra Franco Daidone e consorte (leggi Panorama), senza contare le interviste, i trafiletti e le foto dei quotidiani, ti lascia un pò incredulo nel notare la pressione mediatica che l'evento ha catalizzato.
Non sto qui ad enunciare le giustificate motivazioni che hanno ispirato la protesta. Purtroppo è una vecchia storia: il più nobile ed antico lavoro, l'agricoltura, che è stata di sostegno, da millenni e sino a pochi decenni fa, dell'umanità, oggi vive un declino che determina l'abbandono delle campagne ed il progressivo crollo della redditività sempre più ostaggio della grande distribuzione e della filiera agro-alimentare sempre più determinata a diminuire i costi a scapito della qualità dei prodotti ed in barba alla salute dei consumatori; perchè, e non bisogna dimenticarlo, il principale sbocco del prodotto agricolo rimane l'alimentazione umana!
La nostra Sicilia è da tempo immemore culla di colture pregiate, di qualità indiscussa ed indiscutibile, che sono frutto del lavoro di generazioni di agricoltori che hanno caparbiamente sfidato un clima non sempre amico, la mancanza di infrastrutture, la scarsa propensione degli enti preposti alla promozione dei prodotti. Ciò nonostante essi hanno continuato la loro opera di cura e dedizione alla terra per ritrovarsi a scoprire, oggi, facendo quattro conti, che il loro sudore e la loro fatica viene ripagata dal "mercato" con prezzi da fame che sovente non consentono di coprire i costi di produzione. Per correttezza bisogna anche accennare al fatto che alcune responsabilità di questo stato di cose è anche loro. Infatti mai si è riusciti a far decollare consorzi, cooperative di produzione e commercializzazione, che altrove hanno segnato, invece, l'instaurarsi di quel circolo virtuoso che porta il prodotto dal campo al consumatore saltando i numerosi passaggi della filiera commerciale che arricchiscono pochi per impoverire alla fine chi la terra se la zappa tutto l'anno.
Dunque una ribellione legittima, più o meno organizzata, efficace a creare disagi ma, secondo il mio modesto parere, inconcludente nella finalità principale.
Le immagini di centinaia di tonnellate di ortaggi gettati nell'immondizia nel ragusano, le migliaia di litri di latte rimaste ad inacidire sulle cisterne bloccate sulla strada per i caseifici, il panico della gente che, rimasta senza frutta e verdura, svuota i supermercati di surgelati e scatolette prodotte chissà dove e con chissà cosa, mi fa pensare che qualche errore di valutazione il movimento l'ha fatta. Il disagio ha infatti colpito principalmente le stesse categorie che si volevano tutelare. L'unica strategia condivisibile e che ha avuto più efficacia è stata quella di bloccare lo sbarco in Sicilia dallo Stretto dei Tir carichi di derrate alimentari provenienti dagli stabilimenti padani. Ed è su questo che bisognerebbe puntare per le future azioni. Troppo a lungo è passata l'idea che il mezzogiorno d'Italia è solo inutile zavorra di un nord efficiente e produttivo, perchè, pur ammettendo i tanti mali nostrani, rimaniamo di fatto il mercato di sfogo privilegiato delle produzioni dell'opulento nord. Provate dopo aver fatto la spesa al supermercato a verificare uno ed uno dove vengono prodotti i cibi che mettiamo sulla nostra tavola. Vi accorgerete che l'80% viene dal settentrione. Immaginate solo per un momento cosa potrebbe significare per la nostra terra, assetata di lavoro, puntare ad una autosufficienza alimentare, rendere efficiente e remunerativa l'agricoltura e l'allevamento, efficientare la filiera agro-alimentare, privilegiare l'acquisto dei prodotti locali evitando che l'insalata prima di giungere sulla nostra tavola abbia già fatto il giro di mezza Italia, con il suo carico di CO2 ed evidente deterioramento delle proprietà nutrizionali ed organolettiche. Per cui cari amici "Forconi", quando riprenderete la vostra protesta, piuttosto che danneggiare voi stessi e le vostre categorie, andate nei porti ad impedire che il grano russo o australiano giunga carico di veleni e muffe sulle nostre tavole mentre quello prodotto con il sudore nelle nostre contrade venga pagato al chilo ad un prezzo inferiore della legna da ardere, impedite pure che i succhi di frutta giungano sugli scaffali dei nostri negozi dopo un viaggio di duemila chilometri mentre le nostre stupende arance rimangono appese agli alberi, considerate se sia giusto importare i formaggi padani, fatti con il latte tedesco, mentre i nostri allevatori chiudono i loro caseifici rinunciando a produrre l'impareggiabile assortimento dei nostri formaggi tipici. Ricordate che i siciliani sono più di 5 milioni, una popolazione bastevole a creare un mercato circolare autosufficiente, spiace constatare che un presidente della regione autonomista non si impegni in prima persona a dotare la nostra regione di strumenti atti alla tracciabilità dei prodotti agricoli ed alimentari. Non sono così ingenuo da non comprendere che un libero mercato non si può imbrigliare, però con un adeguato e libero uso da parte dei consumatori del boicottaggio si potrebbero ottenere grandi risultati.
Infine una nota stonata sulle possibili infiltrazioni mafiose all'interno del movimento. Quando a scendere per le strade sono migliaia di persone il rischio di ritrovarsi qualche compagno "iscritto all'albo" è possibile, sta alla parte sana dei comitati isolare ed allontanare questi elementi. A tal proposito sconsiglio vivamente ai nostri suddetti compaesani l'uso di sigari (avana o toscani) che potrebbero confondere zelanti osservatori esterni sempre pronti a consultare manuali di fisiognomica-comportamentale mafiosa.